Pubblichiamo il ricordo di Piero Bassi scritto da Sante Notarnicola. La foto di accompagnamento l’abbiamo scelta noi.
La Red/Azione de Il Buio
Carissimo “Biondo”,
ho voluto attendere qualche giorno per salutarti e aggiungere il tuo nome ad un elenco ormai troppo lungo di amici e compagni. Spesso mi trovo a concentrarmi, a ricordare aneddoti. Tu in questo elenco sei particolarissimo, Mario Rossi nel suo saluto ci ha messo tutto. Nulla è sfuggito del tuo carattere; ogni volta che se ne parlava e se ne parla si chiude il dibattito con una risata.
Poi veniva il momento della serietà, degli impegni che anche nelle prigioni ci davamo e in quei casi eravamo seri e attenti e tu esprimevi il meglio ed era una fortuna averti nel camerone della prigione.
In tutti gli anni vissuti nella stretta di una cella, in qualche camerone o nel cortile, mai ti ho visto dubbioso; sei stato sempre disponibile a spiegare le cose più complesse, semplificandole. Ti circondava il rispetto di chiunque ti conosceva anche perché, a richiesta, eri sempre presente.
Per me, e non solo per me, sei stato un compagno prezioso capace di attutire le durezze di quella nostra condizione. Te ne sono grato compagno. E mi ritrovo in questi giorni a parlare di te, anche perché sei stato spesso nell’ombra e solo noi sappiamo quanto sei stato importante nella costruzione di un’alternativa a quella, a questa condizione.
Caro compagno, mi è mancata l’occasione di mandarti, come facevamo sempre, il mio ultimo libretto si poesie; poesie che conosci e che hai spesso apprezzato, ma soprattutto non hai mai criticato e ciò è singolare per uno come te che non risparmiava niente e nessuno. E quindi mi sento più sicuro nel salutarti con questa poesia:
I prigionieri
Una giornata cruda
circoscritta dal movimento
che muove il nevischio
e quelle turbolenze che squassano
fin dal mattino
lasciandoci
la confusione delle ore
e quei ricordi nostri:
quando bambini
avevamo soltanto il sole
e null’altro.
Ma, indistruttibili
avevamo l’impronta del futuro
più vicino al ferro
che alla terra.
Poi scoprimmo l’acciaio
che ci portò a vivere
i grandi silenzi
rotti per lo più
dai passi felpati e ostili
dei guardiani,
nei corridoi delle prigioni
dove con poco cielo
mancava l’orientamento
e mancavano tutti i colori
tranne quel grigio
sporco di anni
vissuti
gomito a gomito
tra fratelli e compagni
dagli occhi e dai cervelli svegli.
Imparammo alla svelta
a fare i prigionieri…
Uscimmo dopo i vent’anni
tutti occhialuti: tardi
per mettere a fuoco l’orizzonte
e, ancora una volta
ciglio asciutto e pedalare…
Sante
Bologna, giovedì 17 dicembre 2020